Nonostante che in Francia ci siano numerose scuole superiori della Tradizione, tuttora molti genitori cattolici mandano i loro figli in convitto. Crudeltà? Ignoranza? Chi soffre di più? Vi proponiamo qui la traduzione di un articolo pubblicato qualche anno fa in Francia.
“Se le scuole corrompono i vostri figli, cosa avete in mente di fare? Consegnarli ai corruttori? In pratica, i bambini vengono sviati fin dalla più tenera età: e voi lo sopportate? È inaccettabile! È meglio che i vostri figli siano poveri, è meglio che i vostri figli siano lontani da tutta questa scienza apparente che il mondo possiede, ma che siano figli buoni, figli cristiani, figli cattolici…”.
Così disse l’arcivescovo Lefebvre nel 1979. Da allora, in Francia le scuole veramente cattoliche e legate alla Tradizione si sono moltiplicate, ma rimangono spesso sinonimo di sacrifici, il primo dei quali è la lontananza più o meno prolungata dai figli.
La separazione
Che ci piaccia o no, la famiglia è incapace di dare ai bambini tutto ciò di cui hanno bisogno. I bambini devono quindi essere affidati a insegnanti competenti: abbastanza rapidamente, quindi, i bambini vengono separati dai loro genitori. All’inizio non sarà per molto tempo, qualche ora al massimo. Ma ricordiamo quei primi giorni d’asilo: bambini aggrappati alle loro madri, grida di terrore nei corridoi, la gentile maestra un po’ sconvolta, e… i genitori che tornano a casa con le lacrime agli occhi. Qualche settimana dopo, tutto è molto più tranquillo e tutti sono d’accordo sul fatto che valeva la pena questo piccolo sacrificio.
In seguito, quando i figli crescono, le occasioni di separazione diventano più frequenti, e altrettanto necessarie: la scuola, i campi di vacanza, il soggiorno con gli amici, l’istruzione superiore, la vita adulta. Non c’è modo di evitarlo: non puoi tenere i tuoi figli a casa per sempre!

Un male da evitare?
Il collegio (che non dovrebbe mai essere considerato come una punizione) è un po’ come un’operazione chirurgica: questa, siccome fa male, si evita laddove è possibile; quando invece si rivela necessaria, conviene cercare di rendere questa prova più sopportabile. Tuttavia, nessuno dubita che un’operazione chirurgica possa essere necessaria, né che esistano buoni chirurghi. Si accetta il sacrificio di un intervento perché la salute è superiore a qualsiasi inconveniente temporaneo. Soffriamo, ma andiamo avanti!
E l’anima? Se la salvezza eterna dei nostri figli richiedesse alcune rinunce, dovremmo esitare a farle? Guardiamo a quei coraggiosi genitori di oggi che acconsentono al sacrificio della separazione.

Esempi biblici…
La Beata Vergine Maria fu mandata in collegio all’età di tre anni, Samuele allo svezzamento e Ioas a solo un anno. Naturalmente, questi non sono esempi da seguire alla lettera, ma ci mostrano che, quando Dio o le circostanze lo richiedono, ci si sottomette.
E che ricompensa! “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.” Quali sono i valori aggiunti della vita in convitto? Molto spesso si sviluppano amicizie molto profonde, una maggiore capacità di far fronte alle difficoltà e, non di rado, i legami familiari diventano più forti, se permeati dal Vangelo vissuto integralmente.
Chi soffre di più?
Una famiglia normale ama vivere nello stesso posto e la separazione ovviamente pesa: le lacrime che a volte vengono versate ne sono la prova più evidente. Ma i bambini sono generalmente molto pragmatici: una volta superato il momento emotivo della partenza, gli amici sostituiscono abbastanza velocemente i genitori (che continuano a piangere). A volte, sono gli stessi adolescenti a voler vivere in un collegio e non c’è motivo di preoccuparsi.
La “sindrome della casa vuota”, un attaccamento eccessivo ai propri figli o la mancanza di fede possono impedire ai genitori una valutazione serena degli indiscutibili benefici che i ragazzi trarrebbero dalla permanenza in un buon collegio.
A volte, per motivi particolari (e.g presenza di bisogni educativi speciali), i genitori scelgono a ragion veduta di tenere i figli in famiglia piuttosto che mandarli in convitto.
Comunque, bisogna ricordarsi che la famiglia e la scuola devono essere due istituzioni complementari. Il convitto rappresenta solo un passo in più, che deve aiutare tutta la famiglia a raggiungere quegli obiettivi educativi che nei contesti atei di oggi difficilmente sono realizzabili.