Molti sono i canti legati al mondo della Tradizione. Tra questi vi è un’Ave Maria in lingua latina frequentemente intonata per la recita del Rosario durante pellegrinaggi o processioni ; composizione di origine ignota, di gradevole linea melodica ma che tuttavia, dal punto di vista testuale, risente di alcuni vistosi difetti di accentazione enfatizzati dall’andamento della melodia. Esaminando la registrazione di questa Ave Maria è possibile rilevare facilmente le seguenti grossolane deformazioni prosodiche:
– “Dominus tecùm”
– “bènedicta tu”
– “in mulieribùs”
– “Et benedictùs”
– “Ora pro nobìs”
– “peccatoribùs“.
È evidente come il disegno melodico, in conserva con un flusso ritmico/metrico non ben congegnato, vada a collocare accenti tonici su sillabe che non dovrebbero averne. L’intonazione di questo canto da parte di decine di migliaia di fedeli, negli anni e nei decenni, ha fatto sì che errori simili si sclerotizzassero guadagnando anch’essi, per inerzia, la dignità della “tradizione”.
Alea iacta est: tentare di correggere questi errori porterebbe solo ad uno sdoppiamento della prassi che sarebbe fonte di grande confusione.
Per questo si intende in questa sede proporre una nuova Ave Maria cantata, in lingua latina, che possa affiancare rispettosamente i più noti canti popolari tradizionali, ma rifuggendo ab ovo ogni sorta di stortura esecutiva, grazie alla presenza di partitura e registrazione.
Analizziamo dunque più da vicino questa composizione mettendone in risalto alcuni dettagli.
Il titolo
Il titolo “Ave Maria dei Guerrieri” (o da combattimento) nasce dalla volontà del compositore di conferire al canto un piglio marziale, guerriero appunto, con un andamento di inesorabile marcia che ben si presta ai cammini spesso estenuanti dei pellegrinaggi. Spesso il pellegrino-guerriero combatte contro la fatica, le avversità meteorologiche, ma anche spiritualmente contro le cattive inclinazioni e le possibili tentazioni. Insomma, è un’Ave Maria per coloro che sono impegnati in ogni buona battaglia, terrena e spirituale, per la salvezza della propria anima e per la difesa della fede.
La forma
Testo e musica si dipanano su di un reticolato metrico di 37 battute. Le frasi sono organizzate perlopiù nei tradizionali moduli da quattro battute. Nessuna asimmetria, nessuna sincopazione; architettura formale semplice e saldissima, come la fede di Maria.
La tonalità
La musica è nel suo complesso nella tonalità di Do minore; questa tonalità si indica ponendo tre bemolli ad inizio pentagramma e vogliono simboleggiare, nelle intenzioni dell’autore, la Trinità. Il modo minore è naturalmente foriero di un’atmosfera di solenne austerità.
Volutamente enigmatiche dal punto di vista tonale le prime quattro battute: la tonalità di Do minore non è immediatamente esplicitata; la sponda tra Sol e Do con breve passaggio sul La♭, non permettono all’uditore di capire se ci si trovi nella tonalità di Do maggiore o minore. Si ha un senso di sospensione, di incertezza, di perplessità, lo stesso che la Santa Vergine deve aver avuto di fronte alla creatura angelica che la salutava.
Metrica e ritmo
Il tempo 2/4 è tipico delle marce e il ductus melodico/testuale è innestato frequentemente su cellule ritmiche semplici, spesso secondo lo schema del dattilo, ossia una successione di tre note: lunga la prima, brevi la seconda e la terza (per esempio: Do-minus, Et-bene- etc). Questa formula ritmica è spesso utilizzata dagli antichi poeti greci e dai grandi compositori classici per creare il particolare effetto della “cavalcata”.
La melodia e il testo
Per la melodia si è adottato un andamento sobrio e proporzionato, per grado congiunto e per salti non superiori all’intervallo di quinta. L’ Ave Maria dell’Arcangelo Gabriele, in apertura, guadagna maggiore forza espressiva articolandosi sull’intervallo “interrogativo” di quinta, collocato intenzionalmente tra i due gradi forti della tonalità di Do minore, Do e Sol. Il compositore dedica al solo saluto angelico ben quattro battute articolandolo su note lunghe onde enfatizzare maggiormente la solennità dell’apparizione e dell’annuncio che l’accompagna.
Il termine gratia è associato ad un moto melodico discendente per simboleggiare la grazia divina discendente sulla Santa Vergine. Segue subito un’ascesa del disegno melodico per indicarne invece la pienezza.
Una piccola fioritura sul benedictus precede una seconda discesa in corrispondenza di fructus, il Frutto santo che discende in terra per redimere l’uomo dal peccato. La tensione melodica cresce poi fino a Jesus; l’autore decide di darle ulteriormente slancio con un salto di quarta che introduce la seconda parte della preghiera. Distesa e regolare la melodia sulle parole Sancta Maria ma coglie di sorpresa il Mi naturale al termine della parola Dei.
Più in generale è da notare come le parole Dominus, Jesus, Dei sono intenzionalmente precedute da movimenti ascensionali delle note e posti dunque su degli apici melodici all’interno delle relative frasi.
Nunc et in hora mortis: la drammaticità di queste parole è amplificata dalla presenza di un Re bemolle in corrispondenza della parola hora. Nota estranea ed improvvisa nel contesto tonale del canto, come del resto improvviso ed in un certo senso estraneo è il sopraggiungere dell’ultima ora nella vita di ogni uomo. Esso è l’evangelico “ladro nella notte”. Segue quella che in termini retorici si chiama catabasi: un moto discendente della melodia che in questo caso rimanda al venir meno della vita, alla lenta chiusura degli occhi e alla discesa dell’anima nel riposo eterno. Catabasi che avviene per semitoni e che pertanto crea ulteriormente un breve momento di destabilizzazione tonale che richiama al senso di drammatico smarrimento dell’anima finalmente chiamata al suo giudizio particolare.
La preghiera si conclude con una formula cadenzale terminante con un mi naturale in corrispondenza della parola Amen che implica una conclusione in Do maggiore (tonalità della semplicità e della purezza) e conduce colui che canta ad una atmosfera di serenità e luminosa speranza.
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